Normativa sul welfare: ancora da comprendere
La leva fiscale e contributiva che il legislatore ha statuito nell’art. 51 del TUIR per alcune tipologie di benefit consente la riduzione, e in alcuni casi l’azzeramento, del cuneo fiscale.
Poniamo come ipotesi che l’azienda decida di stanziare 10 euro ai propri dipendenti. Se detto valore venisse assegnato in forma monetaria, l’azienda sosterrebbe un costo di circa 14 euro (3 di contributi; 0,73 di TFR e una quota di Irap) e il potere di acquisto del dipendente oscillerebbe tra i 5 e i 7 euro, a seconda della propria aliquota marginale.
Se invece lo stesso importo venisse erogato sotto forma di servizi di cui all’art. 51 del TUIR, l’azienda sosterrebbe un costo di 10 e il dipendente avrebbe un potere di acquisto pari all’intera somma di 10 euro.
Il TUIR 917/86 identifica, negli artt. 51 e 100, alcuni beni e servizi consentendone la defiscalizzazione e fornendo in questo modo alle aziende l’opportunità di combinare un miglioramento dell’offerta ai propri dipendenti e un recupero di efficienza fiscale e contributiva.
Il problema è che la normativa presenta luci e ombre. Ci sono cose che non si possono assolutamente fare, altre che si possono fare, altre ancora in cui non è chiarissimo il confine tra lecito e illecito.
In tali aree l’azione è a discrezione dell’azienda che, se agisce, lo fa assumendosi un rischio.