Etica aziendale come strumento per attirare e trattenere talenti.
In questo momento storico sempre più persone esprimono la propria insoddisfazione il desiderio di cambiare aria e ambiente, la voglia di crescere e di affrontare nuove sfide. Ma poi, al dunque, molti si tirano indietro. Il tema non è la posizione, non è la retribuzione ma è la paura del cambiamento, la paura di spiccare il volo.
Tali comportamenti spesso non sono infondati, non derivano da blocchi psicologici o da irrazionali paure, ma sono una risposta difensiva ai problemi reali.
Crisi economica, ristrutturazioni aziendali, alto livello di disoccupazione, difficoltà di trovare valide opportunità occupazionali in caso di necessità, insicurezza economica, timori per il futuro, sono tutti elementi che creano un senso di precarietà cui si tende a rispondere tenendosi stretto quanto già si ha e si conosce bene.
Questa sindrome, ormai abbastanza diffusa, non rappresenta solo un problema per gli head hunter, o un fastidio per i responsabili della selezione, spesso alla prese con spiacevoli rinunce dell’ultima ora. Viceversa, questo fenomeno pone un problema più ampio ai responsabili del personale in termini di motivazione: come motivare chi è in azienda affinchè vi rimanga per scelta e non per timore dell’ignoto e come motivare i candidati a “comprare” la nuova sfida e la propria azienda.
La risposta può essere data, a mio parere, soltanto costruendo una forte credibilità aziendale fondata su principi etici solidi e condivisi che siano la base di un nuovo contratto sociale.