Come preparare il cambiamento.
I cambiamenti spaventano, ci costringono ad allontanarci dalla nostra intimissima zona di comfort, ci espongono all’ansia dell’incertezza, ci costringono a ridimensionare i nostri comportamenti e ci sradicano dalla routine.
Questo è normale, sarebbe spaventoso il contrario. Ogni essere umano, in quanto tale, è esposto alla paura del cambiamento.
Eppure di cambiamenti ne affrontiamo ogni giorno, spesso senza rendercene conto. Chiunque voglia migliorare sé stesso ogni giorno fa un passo che lo allontana dalla strada già percorsa.
Cambiamenti in azienda
Il cambiamento diventa di difficile gestione quando imposto: perché non maturato a livello personale, perché poco chiaro nelle dinamiche, perché percepito molto lontano dalla situazione vissuta attualmente. Spesso perché “semplicemente” mal spiegato.
Quando in azienda cambia qualcosa è subito allarme. E poi rumors. E poi confusione. E poi (a volte) boicottaggio.
Ora, parliamoci chiaro: ogni cambiamento sposta la cultura. Cambiare cultura in azienda (figlia della cultura sociale di appartenenza) è tanto difficile quanto essenziale. Non si possono affrontare cambiamenti se prima non si agisce sulla cultura.
Ricetta del cambiamento
Ingredienti:
- Board coinvolto
- Conoscenza e sensibilità al business
- Conoscenza approfondita dei collaboratori e delle dinamiche interne
- Leadership – Partnership
- Chiarezza nella definizione degli obiettivi
- Trasparenza nel passaggio delle informazioni
Preparazione:
- Definire e implementare una strategia di trasformazione
- Creare una struttura a supporto della trasformazione
- Coinvolgere il top management (come sosteneva Steve Ballmer, ex CEO Micrisoft: “Non si può delegare la cultura”)
- Ingaggiare sponsor interni all’azienda
- Far comprendere il valore del cambiamento strutturando piani di comunicazione interni ed esterni
- Essere coerenti nei comportamenti, guidare e motivare
- Misurare il cambiamento (“Analytics Culture”)
- Premiare le best practice
Durante la cottura:
- Fare attenzione ai tempi: la dimensione culturale percepita ha ritmi che spesso non combaciano con quelli desiderati:
- In fase di pianificazione tenere conto della tempistica di maturazione dei collaboratori e dei progetti
- In fase esecutiva tenere sott’occhio l’evoluzione delle dinamiche in modo da intervenire immediatamente
- Prendere in considerazione gli individui, non le masse: fornire risposte puntuali ai diversi dubbi esposti da ogni singolo collaboratore (in fondo, come diceva Jung “Tutto comincia dall’individuo”)
- Controllare il procedimento in ogni sua fase in modo da prevenire o far fronte per tempo agli imprevisti
- Creare una disruption costruttiva lavorando prima sulla cultura.
Governare il cambiamento, ovviamente, non è di facile gestione. Le variabili non sempre sono sotto il nostro controllo e i nodi su cui concentrarsi sono molti. Motivo per il quale è un processo che non va sottovalutato, né improvvisato, né basato sulla buona volontà ed il buon senso dei collaboratori. È un processo complesso da condividere (e in parte discutere) in ogni sua fase con diversi attori, da strutturare in ogni punto e da controllare in ogni stato.
Insomma, la staticità è definitivamente bandita. Bisogna essere
“Come i fasoi in pignata” (traduzione: non stare fermi, muoversi in continuazione)