23 Gennaio 2019

Marlena torna a casa… e in azienda

Marlena-in-azienda

Chi di noi da mesi non canticchia la canzone dei Måneskin “Marlena torna a casa” alzi la mano. Ecco, nessuno.

S’è fatto un gran parlare del suo ritorno su tutti i social network, tanto che è diventata, ormai, una di famiglia. Onestamente l’ho ascoltata sempre con leggerezza, senza soffermarmi sul suo significato. In testa ti rimane la supplica del ritorno del ritornello, quindi vai a pensare ad una storia d’amore lasciata a metà.

Invece potrebbe esserci qualcosa di più.

La magia della comunicazione

Ogni forma di comunicazione (non solo quella artistica) porta con sé mille significati. Ogni frase, anche la più semplice, può prestarsi a diverse interpretazioni, scenari, concetti.

La comunicazione è manipolatoria per definizione (volontaria o meno) e priva di significato unico. Ciascuno trae la sua personalissima decodifica interpretando le informazioni dal suo punto di vista.

Tutto questo per dire che anche da questa canzone si possono trarre diversi spunti.

Il senso di colpa

Recentemente mi hanno segnalato un articolo dove il significato di Marlena viene accostato al senso di colpa. Intendiamoci, non è che una delle mille interpretazioni che si può dare al testo (i Måneskin, se non sbaglio, hanno dichiarato che Marlena rappresenta la loro vena artistica), ma questa cosa mi ha incuriosita molto.

Marlena (Maria Maddalena, la peccatrice salvata da Gesù), secondo l’autore, ci riporta ai nostri sensi di colpa per gli sbagli fatti. Sbagli senza i quali non saremmo perfetti

“Il peccato è necessario per raggiungere la propria totalità” Jung

ma che ci costa molto riconoscere.

Riconoscere i propri sbagli ci consente di guardare oltre

“I nostri peccati, errori e colpe sono necessari, altrimenti saremmo privati dei più preziosi incentivi allo sviluppo” Jung

ed il nostro dovere è quello di slegarci dai giudizi, riconoscere e conoscere le nostre colpe, portarle a tesoro per migliorarci.

Marlena in azienda

Riportati in un contesto aziendale, le dinamiche non cambiano molto a mio parere. Le regole sono e rimangono:

  • Uno sbaglio non è un fallimento, è uno sbaglio
  • No allo scaricabarile: prendersi le responsabilità delle proprie azioni è professionale, sano, permette di dare il buon esempio, aumenta la dignità, eleva a leader
  • Gli sbagli ci rendono migliori: dagli sbagli non possiamo che imparare. Gli errori si commettono per distrazione o per coraggio, in entrambi i casi sono indispensabili perché ci costringono a fermarci, capire la situazione e migliorare i processi (se non dovesse succedere, QUESTO sarebbe il vero problema)
  • Chi sbaglia non va giudicato: bandite cacce alle streghe, ricerche di capri espiatori, sfoghi mortificatori. L’obiettivo è capire l’errore e migliorare il processo
  • Mai nascondere gli errori. Un cattivo esempio di questo genere può portare all’esasperazione del comportamento e tutti noi sappiamo quanto sia importante intervenire per tempo
  • Essere coraggiosi e sbagliare: le innovazioni nascono per tentativi, chi molla è perduto

Quindi:

“Inutile taiar tabari, solo chi fa sbaia” (traduzione: inutile spettegolare, solo chi agisce si espone allo sbaglio)